
Augusto Righi
(continua)
Nel 1897 si assistette a due eventi importanti per la fisica: la
determinazione del rapporto e/m (carica su massa) per i costituenti dei
raggi catodici da parte di John Joseph Thomson, e la scoperta, da parte del
fisico olandese Pieter Zeeman, dell'effetto che porta il suo nome, quello per
cui un campo magnetico produce uno spostamento nelle frequenze della radiazione
emessa. Zeeman finì per interpretare l'effetto in termini della teoria di
Lorentz, secondo la quale negli atomi dovevano trovarsi "particelle cariche"
legate da potenziali armonici. Ben presto le "particelle cariche" di Thomson
furono identificate con quelle di Zeeman e Lorentz e denominate elettroni.
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Fig. 1:
Schema del tubo di Crookes. Il generatore di bassa tensione (A)
riscalda il catodo (C). La batteria (B)
eccita l'anodo (P). La piccola lastra che funge da maschera (M)
è collegata al catodo e la sua immagine crea un'ombra sullo schermo
fosforescente.
(Credit: Wikipedia, l'enciclopedia libera) |
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Mentre non si può dire che
Righi abbia contribuito direttamente alla scoperta di questo costituente
fondamentale della materia, le sue linee di ricerca sono state spesso tangenti
ai cammini che alla scoperta portarono, come per il caso ricordato sopra
dell'effetto fotoelettrico, o furono da essa avviate. Egli fu tra i pochi che,
fin dall'inizio, condivise l'ipotesi – allora non era altro che un'ipotesi – di
William Crookes che i raggi catodici fossero particelle cariche. A conoscenza
degli studi sulla cosiddetta ombra elettrica, evidenziabile in tubi di Crookes,
eseguì esperimenti in cui riuscì a produrre il fenomeno in condizioni
sperimentali di estrema semplicità. Subito dopo le scoperte di Thomson e Zeeman,
fu tra i primi a comprenderne l'importanza e a sottolineare che di conseguenza
le idee fondamentali sui fenomeni elettrici dovevano subire un'importante
evoluzione, che comportava la sostituzione della descrizione in termini di un
fluido continuo con una in termini degli elettroni come veri e propri "atomi di elettricità".
Righi fece parte del gruppo
di scienziati che si fece promotore della fondazione della
Società Italiana di
Fisica (SIF) nel 1897. Della Società sarebbe stato
vicepresidente per gli anni 1899 e 1900, per divenirne poi presidente per il
biennio successivo.

Fig. 2: Articolo del
giornale "Il Resto del Carlino" del 08/10/1902. Il testo riporta
il riconoscimento di Marconi a Righi nei festeggiamenti di
Bologna dell'epoca, come evidenziato dalla rivista "l'Elettricista".
(Credit:
Fondazione Guglielmo Marconi) |
Righi e le sue ricerche furono tenuti in alta considerazione dai fisici più
eminenti del suo tempo. Al proposito basterà ricordare che egli fu citato in ben
tre discorsi tenuti nell'occasione del conferimento del premio Nobel per la
fisica: da Zeeman e Lorentz (1902) per i suoi risultati sulla magneto-ottica, da
Lenard (1905) per i
suoi lavori sui raggi catodici, da Marconi e
Braun (1909) per i contributi nel
campo della telegrafia senza filo. Righi, inoltre, fu svariate volte candidato (ininterottamente
dal 1905 al 1920) al Nobel, e Orso Mario Corbino, una figura chiave nel panorama
scientifico italiano, nell'occasione della commemorazione del '21, lo definì il
fisico più eminente che avesse avuto l'Italia dai tempi di
Alessandro Volta.
A
Righi sarebbe stato dedicato il nuovo Istituto di Fisica dell'Università di
Bologna che fu inaugurato il 12 aprile del 1907, e che costituisce tuttora una
delle due sedi del Dipartimento. Egli vi avrebbe operato per diversi anni. Si
spense a Bologna nel 1920.

Fig. 3: La sede storica
del Dipartimento di Fisica di Bologna dedicata ad Augusto Righi.
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