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Vincenzo Menghini     (continua)

Fig. 1: E.F. Hoppe-Seyler, medico tedesco (1825-1895). Riuscì ad ottenere l'emoglobina in forma cristallina e ne spiegò il funzionamento.
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Credit: Today in Science History)
Fu William Thomas Brande (1788–1866) a stabilire nel 1812 che il tenore in ferro nella materia colorante del sangue non superava quello delle altre sostanze d'origine animale perciò il sangue doveva contenere un'alta percentuale di "materia animale". Più tardi, nel 1824, Sir Charles Scudamore (1779–1849) confermò le osservazioni di  Brande e scrisse che la materia colorante del sangue era un "principio animale" con un piccolo tenore in ferro. Dovevano passare altri quarant'anni perché  E.F. Hoppe-Seyler giungesse con le sue ricerche alla scoperta dell'emoglobina (1864).

 

       

  Fig. 2: Max Perutz (1914-2002) e John F. Kendrew (1917-1977), vincitori del Nobel per la Chimica 1962  per aver individuato la struttura tridimensionale dell'emoglobina e della mioglobina.
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Credit: Nobelprize.org)

Lo sforzo per stabilire la struttura dell'emoglobina mediante la cristallografia a raggi X impegnò duramente per circa 30 anni al Laboratorio Cavendish di Cambridge il chimico  Max Perutz e collaboratori. Perutz giunse ad ottenere la struttura della metaemoglobina di cavallo nel 1968. Alcuni anni prima (1962) in riconoscimento dei suoi meriti nel campo della biologia strutturale gli fu conferito il Nobel per la chimica. Lo condivise con Kendrew che si era occupato della mioglobina, l'equivalente dell'emoglobina che si trova nei muscoli. L'emoglobina dei mammiferi è una proteina composta di catene, due alfa e due beta. Si dice che è un tetramero con una struttura quaternaria 22. Ciascuna ha un anello, detto eme, contenente uno ione Fe(II) chimicamente coordinato. L'ossigeno si lega reversibilmente agli atomi di ferro, introducendo una modificazione nella struttura dell'emoglobina. In pratica l'emoglobina si comporta come una macchina molecolare che trasporta l'ossigeno dai polmoni ai siti di utilizzazione e da qui preleva il diossido di carbonio (come ione HCO3-) per eliminarlo con l'espirazione polmonare. L'ossigeno non si lega contemporaneamente ai quattro gruppi, ma con un meccanismo tale da permettere all'emoglobina di assumerne dai polmoni la massima quantità possibile e di rilasciarla quando e dove è più necessaria.

 

Fig. 3: Immagine animata dell'emoglobina.
(Credit: RCSB PDB-Protein Data Bank)
 
Fig. 4: Rappresentazione della mioglobina.
(Credit: RCSB PDB-Protein Data Bank)

 
 
Fig. 5: Uno scorcio di Budrio.
(Credit: Foto di Vittorio Bonaga)
Vincenzo Menghini non si occupò soltanto di ferro nel sangue. Studiò l'azione di diverse acque naturali sui calcoli urinari, non solo in relazione al tipo di calcolo ma anche per mettere in relazione il potere solvente dell'acqua con il tenore in sali disciolti. Pubblicò a tal proposito, nel 1757,  l'opuscolo: Sull'azione dissolvente di certe acque nei calcoli della vescica. Infine, di particolare interesse sono le ricerche sull'azione della canfora su vari tipi di insetti ed altri animali.

A Menghini vennero parecchi, autorevoli, riconoscimenti. Basti ricordare che il celebre dizionario di chimica di Macquer (1778), riferendo le conoscenze sul ferro nel sangue, così si esprime: "Ma il primo che ha fatto delle ricerche coerenti su questo argomento, sembra essere il Sig. Menghini, il quale ha dimostrato non solo che il sangue contiene molto ferro, soprattutto nella parte rossa; ma anche che le preparazioni contenenti questo metallo, una volta ingerite, passano prevalentemente nelle seconde vie, provocano vari cambiamenti nel sangue, e possono risultare all'analisi. Le esperienze di questo medico sono molto belle e assai soddisfacenti". È giusto quindi che Menghini, scienziato un po' dimenticato, venga riscoperto dai giovani, insieme (perché no?) ai toni soft and hollow degli strumenti musicali di Budrio.

(Vincenzo Menghini - pagina 4 di 4)
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